Al cinema l’horror spaziale “Life – Non oltrepassare il limite”, ecco cosa c’è di vero

Life_Poster-717x1024-210x300Roma – E’ uscito ieri al cinema “Life – Non oltrepassare il limite”, un horror fantascientifico diretto da Daniel Espinosa interamente ambientato sulla Stazione Spaziale Internazionale (in calce il trailer del film).

L’equipaggio, composto da sei astronauti- due donne e quattro uomini-, passa dalla gloria all’incubo. Dopo aver portato a bordo il primo campione di suolo marziano, arriva la scoperta che tutto il mondo aspetta: contiene la prima traccia di vita extraterrestre. E’ una cellula con proprietà sia muscolari che nervose, che, adeguatamente riscaldata, si risveglia da una lunga ibernazione. E inizia a crescere e a interagire, soprattutto con Hugh Derry (interpretato da Ariyon Bakare) che se ne occupa nello speciale laboratorio anti-contaminazione allestito a bordo. Ma ‘Calvin’, così viene battezzato l’alieno, è un essere vivente sconosciuto, di cui si ignorano limiti e scopi.

Scopriranno tutto a loro spese gli astronauti David Jordan (interpretato da Jake Gyllenhaal), Miranda Nort (Rebecca Ferguson), Roy Adams (Ryan Reynolds), Sho Kendo (Hiroyuki Sanada) e Kat (Olga Dihovichnaya), la severa responsabile delle ‘barriere‘, cioè i meccanismi di difesa per salvaguardare la Terra da un’eventuale minaccia aliena. Quella che Calvin rappresenta. Non finirà bene.

barbara-negri-300x154Ma in quest’apocalisse che viene dallo Spazio, quanto c’è di verosimile? Lo abbiamo chiesto a Barbara Negri, responsabile Unità Esplorazione e Osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana (nella foto Agenzia Dire), dopo aver visto il film in anteprima nell’auditorium dell’ente.

Partiamo dall’ambientazione. La Stazione Spaziale che vedrete sullo schermo è, più o meno, quella della realtà. “La ricostruzione della Stazione spaziale è molto vera– spiega Negri-, la parte dei laboratori, soprattutto, è fatta molto bene”. C’è però, qualcosa di inverosimile nei meccanismi di comunicazione mostrati da ‘Life’, in cui i contatti con la Terra si interrompono irreversibilmente. “Questo, nella realtà, non potrebbe succedere. Il blackout totale della comunicazione non è credibile perché i sistemi sono ridondati: se ne decade uno primario ce ne sono di altri, l’interruzione può essere solo temporanea”.

Il protocollo, invece, con cui l’equipaggio si approccia all’alieno “sembrerebbe che vada bene– commenta Negri-, ma mi sembra che ci sia una superficialità di base nel rapporto dello scienziato verso il microrganismo. La cosa giusta sarebbe stata non dare la confidenza che si vede all’inizio del film . I protocolli di attività di questo tipo si baseranno su protezione e diffidenza maggiore. L’atteggiamento che ha il personaggio è troppo superficiale”.

Specifichiamo che, attualmente, sulla Stazione Spaziale non esistono ancora indicazioni ad hoc per trattare con gli alieni. Lo ha spiegato l’astronauta Paolo Nespoli, in collegamento da Houston con l’auditorium dell’Agenzia Spaziale: “Sulla Iss ci sono procedure per tutto, procedure che contemplano ogni possibile situazione. Non ce ne sono, però, per un eventuale contatto con la vita intelligente”. Ma è solo questione di tempo. Quello che proprio non è realistico è invece la parte più spaventosa del film, la crescita a dismisura del sanguinario Calvin. “E’ inverosimile la crescita eccessivamente veloce dell’alieno– commenta Negri-. L’evoluzione rapidissima fino a diventare un essere di tipo aggressivo non è realistica”. E la possibilità di sganciare la navicella Soyuz per una fuga di emergenza dalla Stazione? “Quella esiste, ci sono Soyuz fatte per evacuare. Si tratta di una Soyuz programmata, però, solo e soltanto per il rientro a Terra, un rientro che avviene in ‘caduta’. Una Soyuz che parte verso lo Spazio profondo”, come si vede nel film, “non esiste, è inverosimile”.

di Antonella Salini, giornalista professionista

(Fonte: Agenzia di Stampa DIRE – www.dire.it) Foto: Agenzia Dire – Immagine in evidenza: la Stazione Spaziale (foto: Boeing)

(EdP-mb) 24 marzo 2017

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