Capucci: terapia anticovid a domicilio attiva in Piemonte con HCQ. Trovata la soluzione al lockdown

(Tempo di lettura: circa 04′:30″)

Realizzato a Rimini ad aprile un protocollo di cura – simile come risultati a quello piemontese – con 350 pazienti trattati a casa con HCQ (idrossiclorochina) e monitorati da 58 medici di base. I risultati? Solo 16 pazienti hanno dovuto essere ricoverati. Quindi perché non applicarlo anche ad altri territori? L’appello della comunità scientifica al Presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini

La soluzione per tenere lontano il lockdown, rischiare di perdere migliaia di posti di lavoro e di intasare gli ospedali esiste. E’ di mercoledì 11 novembre la notizia diffusa dalla TGR della Rai di Torino, nell’edizione delle 14:00, che la Regione Piemonte avrebbe sottoscritto di lì a breve il protocollo, già sperimentato a suo tempo nel distretto di Ovada e Acqui terme, che prevede la cura tempestiva a domicilio con idrossiclorochina in tutti quei pazienti che presentano febbre e sintomi relativi al virus Sars-Covid 19 (tosse, perdita del gusto, diarrea…) senza dover ricorrere alle cure ospedaliere, ma avvisando il medico di base. Protocollo sottoscritto e approvato con un verbale d’intesa il 13 novembre successivo da Regione Piemonte, Direzione Sanità e Welfare, il Dipartimento interaziendale regionale malattie ed emergenze infettive (DIRMEI), Unità di crisi Covid-19 regionale, la Prefettura di Torino, le Aziende sanitarie locali, le organizzazioni sindacali medici di medicina generale e pediatria libera scelta e gli Ordini professionali.
Una buona notizia, relegata ai notiziari regionali che però ci fa ben sperare in un radicale cambiamento di valutazione delle misure restrittive che si stanno mettendo in atto a livello nazionale per arginare la “seconda ondata” della pandemia di Covid–19 e lo spettro di altri mesi di chiusura totale. Una chiusura che non possiamo permetterci a livello economico e sanitario.” Questo è quanto afferma il professor Alessandro Capucci di Bologna, esperto a livello internazionale di malattie cardiovascolari, già Direttore della Scuola di Specializzazione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Politecnica delle Marche in Ancona, primo firmatario e relatore del lavoro scientifico pubblicato e derivato dal protocollo di cura realizzato ad aprile nell’area di Rimini su 350 pazienti che sono stati curati a casa da 58 medici di base.
Lo studio, realizzato in aprile e pubblicato a giugno sulla prestigiosa rivista Italian Federation of Cardiology, dal titolo “Low hospitalization rate without severe arrhytmias: a prospective survey on 350 patients early home treated with hydroxycloroquine during Covid-19 Pandemic” (un click qui per leggere il documento in inglese), voleva dimostrare che i malati di Covid, se trattati subito (alla prima febbre e ai primi sintomi) con HCQ (o idrossiclorochina) ed eventualmente con Azitromicina, non solo guarivano entro una settimana, ma pure non presentavano danni collaterali. Questi i risultati molto confortanti: su 350 pazienti trattati, 76 di questi sono stati trattati con una combinazione di HCQ e Azitromicina. Dei 274 pazienti trattati solo con idrossiclorochina, 16 pazienti sono entrati in ospedale (5,8%) ma non in Terapia Intensiva! Un altro piccolo numero di pazienti (il 2,9%) ha registrato piccole complicazioni come diarrea o disturbi gastrointestinali, ma nessuno ha dovuto interrompere in trattamento e non sono stati trovati danni cardiologici. Dei 76 pazienti trattati con la combinazione di azitromicina e idrossiclorochina, 4 sono stati ricoverati in ospedale (5,2 %), mentre solo 2 pazienti hanno registrato complicazioni minori (2,6%). Nessun paziente ha avuto problemi di sincopi, aritmie o morte improvvisa.
Cosa significa tutto questo? Che nonostante l’AIFA continui a non raccomandare l’utilizzo dell’idrossiclorochina (dovuto a interpretazioni di risultati di utilizzi tardivi), i clinici hanno potuto testare sul campo l’efficacia del trattamento tempestivo. Oltre al fatto che sia possibile curare da casa i malati, senza aggravare le loro condizioni se portati in ospedale, e senza far diventare gli ospedali inutili lazzaretti, precludendo posti letto e posti in T.I. a tutti gli altri soggetti affetti da patologie ad alto tasso di mortalità (tumori, leucemie, morti improvvise, ischemie, traumi vari etc.).
L’appello di clinici al Presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini e all’Assessore delle Politiche della Salute, Raffaele Donini, è di seguire l’esempio della Regione Piemonte che da ieri ha predisposto su tutto il territorio l’attivazione del protocollo di cure a casa per evitare il rischio di una chiusura totale delle attività della Regione.
Come clinico e come cardiologo, mi spaventa molto la gestione del Covid–19 qui in Italia – sottolinea il professor Capucci -. Dobbiamo valutare attentamente l’impatto che queste restrizioni hanno sulla salute di tutti i milioni di cittadini che da marzo a oggi hanno dovuto rinunciare a farsi curare per far spazio ai malati del virus la cui mortalità è ridotta ed è riferita soprattutto a soggetti con pluripatologie e di età superiore agli 80 anni. A livello di costi per la collettività – prosegue il professore – il costo di un medico di medicina generale convenzionato con il SSN e adeguatamente attrezzato e informato è senza dubbio inferiore di un letto sia in ospedale che a maggior ragione in terapia intensiva. I numeri parlano chiaro, ma bisogna saperli leggere. I protocolli sono ormai collaudati. Ci rivolgiamo alle autorità della nostra regione – conclude il professor Cappucci – affinché facciano prevalere il buon senso della ricerca clinica che dimostra, senza prova di smentita, perché testata sul territorio, che il virus si può curare da casa tempestivamente, efficacemente e senza danni collaterali.

Per consultare gli articoli pubblicati dal Prof. Capucci su queste pagine un click sul pulsante

EdP-mb (revisione 15/11/2020 h. 00:05)

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