I medici possono nuovamente trattare i pazienti in scienza e coscienza: conferma del TAR Lazio

(Foto di Sang Hyun Cho da Pixabay)

L’autore: Alessandro Capucci, originario di Faenza, bolognese d’adozione, professore ordinario di malattie cardiovascolari, per molti anni direttore della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale “Le Torrette” di Ancona, un’eccellenza a livello nazionale e internazionale nel trattamento delle patologie cardiovascolari, dal 2008 al novembre 2019 direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari presso l’Università Politecnica delle Marche. È stato inoltre uno degli otto membri in Europa del “Working Group on Arhythmias” della “Società Europea di Cardiologia”, nonché vice presidente dell’associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, autore dello studio “Aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, influenze del sistema neurovegetativo” e inoltre organizzatore di vari progetti internazionali e artefice di numerose pubblicazioni. Da sottolineare che il prof. Capucci, pur non essendo un ricercatore di base ma praticando solo ricerca clinica, quindi più difficile da essere citata, nel prestigioso database di ricerca scientifica internazionale «Scopus» risulta avere un H-index di 59, con 414 documenti all’attivo

Il Tribunale Amm.vo Regionale del Lazio, nella seduta del 7 dicembre 2021 (notificata il 15 gennaio 2022) ha accolto in via definitiva il ricorso presentato da diversi sanitari, favorevoli alle cure domiciliari precoci per i pazienti ammalatisi di patologia da COVID-19, rappresentati dagli illustrissimi Avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino, contro il Ministero della Salute proponente, fin dalle prime battute della malattia della strategia ”Tachipirina e vigile attesa”. Dopo questa sentenza si restituisce ai sanitari la facoltà di trattare al meglio, fin dall’ inizio della malattia, i pazienti in scienza e coscienza.

Questa è una sentenza importantissima in quanto in un periodo storico in cui da decenni si è assistito ad una progressiva politicizzazione della Sanità, durante la quale i medici sono stati sempre più  costretti a comportarsi nella loro attività professionali in base a protocolli e linee guida, non sempre basate su criteri scientifici  ma spesso su base economico-politica, finalmente si ridà il giusto ruolo sanitario al medico che deve rispondere in primis alle esigenze del paziente in base al giuramento di Ippocrate e nel solo interesse di preservarne la salute e la vita.

I sanitari che hanno contribuito a questo documento si sono ritrovati loro sponte più di un anno fa per confrontare le esperienze nel campo della terapia precoce dei pazienti COVID-19 e pur provenendo da diverse realtà (chi scrive con esperienza nelle Marche e in Romagna, il Professor Luigi Cavanna a Piacenza, la Dott.ssa Paola Varese nel distretto di Ovada, il Dottor Andrea Mangiagalli nell’area milanese) scoprirono sorprendentemente dati assolutamente confrontabili e cioè che solamente il 5% dei loro pazienti (stimati in alcune migliaia in totale), curati a domicilio al primo insorgere della patologia con i comuni farmaci in commercio, erano ospedalizzati e di questi meno del 1% finiva nei reparti intensivi. Questi risultati, ripeto provenienti da realtà differenti e relate a tempistiche contemporanee hanno dato grande forza al gruppo nel perseguire una politica sanitaria derivante da dati raccolti nella pratica clinica e non  da teorie elaborate a tavolino e mai modificate (tipo tachipirina e vigile attesa) malgrado il disastroso evolversi della patologia. Anche leggendo le recenti note AIFA del 14 dicembre 2021 si vede come farmaci utilissimi nella fase acuta quali antibiotici, eparina a basso peso molecolare e idrossiclorochina non siano a tutt’oggi raccomandati. Nel frattempo erano già uscite diverse raccomandazioni favorevoli ad interventi precoci derivanti da esperienze italiane (MRE press P. Nardelli et al Crying wolf in time of Corona:the strange case of Ivermectin and Hydroxychloroquine. Is the fear of failure withholding potential life-saving treatment from clinical use? 12/03/21) e straniere (Am J Med vol 134(1)Jan 2021) dove nella tabella 1 è riportato un algoritmo di intervento precoce con diverse sostanze in commercio; quindi ben lontano dal colpevole “tachipirina e vigile attesa”.

Ora una domanda ci si dovrebbe porre: quante vite potevano essere risparmiate, anche prima delle vaccinazioni, con un atteggiamento più responsabile che avesse lasciato ai medici la possibilità di intervenire sui pazienti secondo la loro conoscenza medica? Bisognerebbe ora iniziare, con i dati disponibili, a rispondere a questa domanda, nel frattempo cambiando strategia di approccio medico di 180°.

Prof. Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare 
(email: profacapucci@gmail.com)

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