di Massimo Baldi
(Tempo di lettura: 06′:00″)
Finalmente, s’intravede una luce in fondo al tunnel: per i medici di medicina generale, ora sarà possibile curare a casa ufficialmente i malati di Covid-19, con una terapia vecchia di oltre sessant’anni rivelatasi realmente efficace
L’ordinanza del Consiglio di Stato consentirà al medico di prescrivere l’idrossiclorochina che dovrà essere assunta nella fase iniziale della malattia, ma non sarà rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale
Non sarà stata vinta la guerra al Coronavirus, ma almeno una prima importante battaglia è stata portata a termine con successo. Il Consiglio di Stato ha detto sì all’utilizzo dell’idrossiclorochina come terapia per combattere la SARS-CoV-2 (Covid-19). Il farmaco, conosciuto anche come HCQ è commercializzato a basso prezzo come Plaquenil, dalla società Sanofi, e si trova in farmacia anche in versione generica (a un costo di 6,08 euro per l’originale e di 5,12 euro per l’altra versione).
Con l’ordinanza pubblicata ieri, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha accolto l’appello cautelare dei quarantadue medici specialisti ricorrenti (ricorso numero 9070/2020), e per l’effetto – in riforma dell’ordinanza n. 7069 del 16 novembre 2020 del Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma – ha sospeso l’efficacia del provvedimento dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, del 22 luglio 2020, che, in piena pandemia, vietava l’utilizzo “off label” dell’idrossiclorochina, e, cioè, al di fuori del normale utilizzo terapeutico già autorizzato all’atto dell’immissione in commercio, consentendo oggi la prescrizione del farmaco sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico, ai pazienti affetti da SARS-CoV-2 nella fase iniziale della malattia.
Il presidente e i magistrati del Consiglio di Stato, nella loro ordinanza composta da ben 34 pagine, hanno sottolineato che: “Già nel 2005 alcuni articoli pubblicati dal National Instute of Healt nella rivista Virology avevano evidenziato l’efficacia e la sicurezza dell’HCQ verso il SARS-CoV-1“, che, data “La perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati, non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti. (…) La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico, con l’ovvio consenso informato del singolo paziente, e non ad una astratta affermazione di principio, in nome di un modello scientifico puro, declinato da AIFA con un aprioristico e generalizzato, ancorché temporaneo, divieto di utilizzo.”
L’idrossiclorochina, in fase di studio da molti mesi in Italia come trattamento sperimentale per la malattia da SARS-CoV-2 (Covid-19), è un vecchio farmaco approvato per uso medico negli USA fin dal 1955, che appartiene alla famiglia degli antimalarici e dei derivati 4-aminochinolinici, per trattare appunto alcuni tipi di malaria, i disturbi reumatici, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico, ed è inserito nell’elenco dei farmaci ritenuti essenziali dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, come un medicinale sicuro ed efficace, oltre a essere ben conosciuto e utilizzato regolarmente, a giusti dosaggi, a livello planetario. Come tutti i farmaci non è immune da effetti collaterali, che possono essere anche gravi, soprattutto nei trattamenti a lungo termine o per controindicazioni in quei soggetti che soffrono di gravi patologie oppure per ipersensibilità ai composti chinolinici; per questi motivi dovendo ricorrere a questa terapia è necessario attenersi scrupolosamente alle prescrizioni del proprio medico di medicina generale.
Fin dai primi mesi dallo scoppio della pandemia, alcuni illustri e stimati primari, che non erano di certo in cerca di facile notorietà attraverso le dirette televisive, si sono assunti le loro responsabilità e basandosi sulla propria esperienza hanno prescritto ai loro pazienti questo medicinale per la cura del Covid-19 ottenendo risultati eccezionali. E i numeri delle persone non ospedalizzate e poi guarite parlano chiaro. Come previsto dai protocolli terapeutici stabiliti da alcuni di questi coraggiosi medici, la cura con HCQ deve essere iniziata rigorosamente il prima possibile, presso il domicilio del paziente, al primo insorgere dei sintomi caratteristici della patologia e la terapia deve avere al massimo una durata 5-7 giorni, eventualmente associata ad antibiotico.
Già da molti mesi diversi esperti provenienti da differenti branche specialistiche della medicina, hanno combattuto ognuno nelle proprie città il Coronavirus con l’utilizzo di un protocollo rapido, a casa, basato sull’utilizzo dell’idrossiclorochina con risultati davvero strabilianti. Tra questi medici, solo per citarne qualcuno, vorremmo ricordare: il prof. Luigi Cavanna, Direttore di Dipartimento di Oncologia-Ematologia dell’Azienda USL di Piacenza, che è stato il primo ad applicare il “Protocollo Piacenza”, con il 95% dei pazienti guariti o non ricoverati; la dottoressa Paola Varese, primario di oncologia dell’Ospedale Civile di Ovada, che assieme al direttore del Distretto, dott. Claudio Sasso e con il supporto del prof. Guido Chichino, primario di malattie infettive all’Ospedale di Alessandria, hanno elaborato un protocollo chiamato “Covid a casa” sperimentato nella zona di Acqui Terme e Ovada in Piemonte, registrando solo 22 ricoverati in ospedale su 340 pazienti Covid nel periodo marzo-aprile; il prof. Alessandro Capucci, esperto a livello internazionale di malattie cardiovascolari, già direttore della Scuola di Specializzazione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona e per molti anni primario della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale “Le Torrette” di Ancona, che nel maggio scorso, in collaborazione con di un gruppo di medici di medicina generale della provincia di Rimini ha trattato 350 pazienti affetti da Coronavirus, facendo registrare una percentuale di guarigione di circa il 95% e solo il 5% di ospedalizzati; il prof. Claudio Puoti, infettivologo ed epatologo responsabile del Centro di epatologia dell’Istituto INI di Grottaferrata, che segue con brillanti risultati il protocollo del prof. Cavanna.
Una nota a parte va dedicata anche ai Medici in prima Linea, un gruppo di medici di famiglia nato nel milanese nel febbraio scorso, al di sopra di ideologie, motivazioni politiche e interessi economici, evidenziatosi in ottobre, dopo i brillanti risultati ottenuti nella primavera scorsa, per aver chiesto all’AIFA di ripristinare l’uso dell’idrossiclorochina minacciando un’iniziativa di disobbedienza civile finalizzata alla somministrazione del farmaco ai pazienti senza l’autorizzazione ufficiale. Portavoce dell’iniziativa il dott. Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale di Milano, il dott. Giovanni Moretti e il dott. Antonio Gobbi, ora in pensione, che è stato uno dei promotori della protesta di questi rappresentanti di una sanità di specchiata professionalità. Nell’ottobre scorso il periodico Panorama ha deciso di sposare la battaglia di questo gruppo di dottori coraggiosi, con un’indagine approfondita sul tema e la pubblicazione di un’inchiesta, lanciando contemporaneamente una petizione per la raccolta di firme al fine di chiedere all’AIFA di ripristinarne l’uso del farmaco sotto la minaccia di prescriverlo comunque, in caso di disinteresse dell’Agenzia, “…per non abbandonare i pazienti e tener fede al giuramento di Ippocrate“.
Ieri il Consiglio di Stato, con la sua ordinanza, ha spianato una strada già in parte tracciata da questi bravi medici.
EdP-mb