Dall’insegna dipinta sulla fusoliera dello Spad di Francesco Baracca nella Grande guerra, al mito di Enzo Ferrari e alle tante vittorie delle sue auto sulle piste di tutto il mondo
di Massimo Baldi
Il tempo si è fermato agli anni cinquanta in quell’ufficio dagli arredi semplici e funzionali, dove Enzo Anselmo Ferrari – modenese purosangue, classe 1898, per tutti Enzo Ferrari, il “Drake“, patron della casa automobilistica italiana divenuta la più famosa e gloriosa del mondo – trascorse tanti anni della sua lunga vita a ideare, progettare e realizzare le sue “creature”. Un ufficio fedelmente ricostruito, ora protetto da una grande vetrata, e sistemato al posto d’onore al centro del “Museo Ferrari di Maranello”, dove è possibile immergersi nel grande e leggendario passato di questo marchio prestigioso. In quella stanza, ricreata con i mobili originali, ci sono anche gli occhiali da vista di Ferrari, la sua agenda, un volante forse della sua prima auto, qualche coppa, foto appese al muro dei campioni del passato, un piccolo bronzo che rappresenta il suo moderno Cavallino, ma quello che più salta agli occhi, tra quelle preziose “reliquie”, è un modellino di aereo della Prima guerra mondiale, che fa corpo unico con una targa commemorativa appoggiata sulla sua scrivania, riproduzione del famoso biplano Spad S. XIII dove spicca il “Cavallino rampante“, l’insegna inconfondibile del maggiore Francesco Baracca, medaglia d’oro al valor militare e incontrastato eroe dell’aria della Grande guerra. Immagine divenuta simbolo di temerarietà e di coraggio, che la contessa Paolina Biancoli Baracca, madre dell’aviatore lughese, probabilmente per mantenere vivo il ricordo del figlio morto, propose a Enzo Ferrari (dopo la vittoria di questi nella prima edizione del Gran Premio del Circuito del Savio, a Ravenna, il 17 giugno 1923) di utilizzarlo come porta fortuna sulle sue auto. Comparsa avvenuta per la prima volta sulle vetture Alfa Romeo della scuderia Ferrari solo nel 1932, alla 24 ore di Spa che vinse.
Insegna che Ferrari fece poi trasformare da un giovane ed apprezzato incisore milanese, Eligio Gerosa, autore nel 1947 del primo logo ufficiale di Ferrari. “Cavallino” rielaborato graficamente e modificato nella posizione della coda, a cui fu abbinato uno sfondo giallo “canarino” (il colore della città di Modena), divenuto il marchio definitivo della casa automobilistica Ferrari e del Reparto Corse di Maranello, utilizzato, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, anche dall’ingegnere lughese Fabio Taglioni sulle motociclette della Ducati di Bologna-Borgo Panigale.
Da quegli anni la Scuderia Ferrari detiene un primato irraggiungibile, quello d’aver partecipato dall’inizio, cioè dal 1950, senza alcuna interruzione, al campionato mondiale di Formula 1, aggiudicandosi da allora sedici titoli mondiali come costruttore e quindici mondiali piloti, oltre ad essere l’azienda che ha prodotto le auto più vincenti nelle gare per vetture sport prototipi e gran turismo.
Visitando il Museo, poco prima di entrare, si è accolti da un breve motto riportato su una specie di tabellone stilizzato dello starter in pista: “Vivi il sogno – Live the Dream“. Dopo quella linea di “partenza” immaginaria, con tanto di semafori verdi e di bandiera a scacchi, inizia davvero il sogno, la grande avventura della Ferrari di questi ultimi sessant’anni. Ogni anno il museo accoglie diecine di migliaia di persone provenienti da ogni parte della Terra e custodisce, in circa 2500 metri quadri, oltre a premi, fotografie e ai numerosi cimeli, buona parte delle più belle e preziose auto che hanno fatto grande nel mondo la Ferrari, sia in pista e sia sulla strada. Per gli appassionati della velocità e delle corse, sono disponibili, e molto gettonati, due simulatori semiprofessionali che consentono una guida davvero realistica di una Ferrari di Formula 1. Dotati di scenari virtuali, che rappresentano fedelmente le piste di Monza, Imola, Silverstone, Nurburgring, Zandvoort, SPA, Francochamps e il Mugello, hanno possibilità d’essere tarati partendo da una guida come pilota gentleman, fino ad arrivare ad una guida come pilota professionista – per chi ha esperienza di corsa o di simulatori – con tanto di riproduzione delle sensazioni della velocità, del fondo stradale o di quando si sale con la vettura sui cordoli. Il tutto sotto l’occhio attento e vigile di un tecnico esperto o di un pilota che, con un breve briefing, spiega i comandi fondamentali del simulatore fornendo anche consigli di guida (segue a fondo pagina).
(Sotto, qualche scatto effettuato fra le tante splendide vetture esposte al Museo Ferrari di Maranello)
Ma le sorprese non sono finite. In zona, a pochi chilometri da Maranello, esiste anche un’altra grande esposizione permanente che richiama la “rossa” e soprattutto il suo fondatore: è il MEF, ovvero il “Museo Enzo Ferrari – e dei motori” di Modena. Per capire cos’è quest’altra importante iniziativa, che consacra alla storia la casa dov’era nato il fondatore della Ferrari e lo spazio dove il padre Alfredo aveva la sua officina, all’inizio del secolo scorso, abbiamo voluto riportare testualmente la presentazione fatta sul sito web del museo stesso, che definisce in modo esemplare questa grande struttura dedicata al mitico “Drake” e alla sua vita: «Quello dedicato a Enzo Ferrari non è un museo, ma uno spettacolo coinvolgente ed emozionante dove si mescolano ingredienti davvero unici: nell’avveniristico padiglione di oltre 2500 metri quadrati, completamente libero da colonne, insieme alle tante automobili esposte, si assiste ad uno spettacolo che racconta, attraverso un filmato avvolgente che utilizza ben 19 proiettori, la magica storia dei 90 anni di vita di Enzo Ferrari. Dal bambino che all’inizio del 900 scopre le corse al pilota, dall’animatore della Scuderia al Costruttore ed ai suoi trionfi. A questo tuffo nell’emozione più pura, si affianca, nell’officina perfettamente restaurata, dove il padre di Enzo lavorava, il Museo dei Motori Ferrari, Una storia nella storia che permette di capire perché le Ferrari siano automobili uniche.»
(EdP) 25 maggio 2016 – Foto: M.Baldi
(Fonti: wikipedia.it, mit.gov.it, Musei Ferrari Maranello e Modena, Museo Francesco Baracca Lugo)