Il COVID-19 si può battere e la vita può riprendere: il ruolo dell’Eparina

L’analisi del Professor Alessandro Capucci

IN ESCLUSIVA

(Tempo di lettura: 04′:20″)

L’autore: Alessandro Capucci, originario di Faenza, bolognese d’adozione, professore ordinario di malattie cardiovascolari, per molti anni direttore della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale Le Torrette di Ancona, un’eccellenza a livello nazionale e internazionale nel trattamento delle patologie cardiovascolari, dal 2008 al novembre 2019 direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari presso l’Università Politecnica delle Marche. E’ stato inoltre uno degli otto membri in Europa del Working Group on Arhythmias della società Europea di Cardiologia, nonché vice presidente dell’associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, autore dello studio “Aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, influenze del sistema neurovegetativo” e inoltre organizzatore di vari progetti internazionali e artefice di numerose pubblicazioni.

Nuove e interessanti osservazioni stanno modificando la nostra conoscenza sul meccanismo infiammatorio con cui il Coronavirus, una volta che attacchi l’organismo possa compromettere le nostre capacità di ossigenazione fino alla morte. Fino ad ora ci si è incentrati sulla patologia interstiziale polmonare che il virus indurrebbe, con conseguente difficoltà di scambio gassoso e necessità quindi di impiego di respirazione assistita nelle Terapie Intensive. Per cui il diktat è stato: più posti di Terapia Intensiva e più ventilatori. Sono decedute però ad oggi più di 21.000 persone solo nel nostro paese per questa patologia malgrado gli sforzi sostenuti.
Tale eccesso di mortalità dovrebbe innanzi tutto fare riflettere sulla correttezza della direzione terapeutica inizialmente adottata e poi mantenuta.
Nuove osservazioni ci fanno pensare che con grande probabilità la patogenesi della manifestazione polmonare della malattia da Coronavirus sia differente da quanto si era ipotizzato e conseguentemente la terapia ottimale non sia il respiratore bensì l’eparina, almeno nei casi in cui compaia il sintomo “dispnea.
Alcuni riscontri anatomo patologici hanno evidenziato estese aree di trombosi vascolare del circolo polmonare; studi radiologici eseguiti a NYC valutando Rx torace di 636 pazienti ambulatoriali positivi per Coronavirus e manifestanti dispnea hanno evidenziato come nel 89% dei casi gli Rx siano risultati normali o solo lievemente anormali (MB Weinstock et al JUCM, may 2020;www.jucm.com); con questo rendendo poco probabile una patologia interstiziale primitiva, invece solitamente diagnosticabile anche al Rx torace. Altri dati osservazionali derivano dalle considerazioni che la malattia sia più severa per età più facilmente avanzata e nelle persone in sovrappeso. Queste sono entrambe condizioni in cui solitamente vi è un peggiore circolo venoso.
Le evidenze sono quindi per la comparsa di una patologia vascolare polmonare e non interstiziale, come da subito si era creduto.
Ulteriori e fondamentali evidenze, in questa direzione, derivano da valutazioni osservazionali, soprattutto nel Nord Italia, che hanno evidenziato come l’impiego dell’eparina sottocutanea a dosi elevate (Calcieparina 6000U x 2/die) in pazienti con sintomi respiratori e ricoverati in ospedale sia in grado di ridurre la mortalità di 3 volte. Da qui derivano gli studi che ora l’agenzia AIFA promuove e che coinvolgono vari centri Italiani fra i quali quello di Bologna S. Orsola.
Possiamo quindi dire che oggi (almeno da 2 settimane) vi è una migliore conoscenza del principale (probabilmente non unico) meccanismo alla base della patologia polmonare generata da Coronavirus e che questo è legato principalmente a trombosi vascolare intracircolo polmonare (o embolia dal circolo venoso profondo); tale patologia è contrastabile efficacemente con eparina a dosi scoagulanti più che dai respiratori che possono poco per contrastare la riduzione del circolo e che quindi diventano soprattutto di impiego compassionevole.
Bene quindi che AIFA abbia dato il via agli studi clinici, come si riporta nella larga parte dei giornali, ma soprattutto già da subito siamo a sollecitare l’impiego di eparina da parte dei sanitari, in tutte le persone che, colpite da influenza da Coronavirus sviluppino il sintomo dispnea.
Non si dovrebbe attendere l’esito di nessun tampone ma iniziare subito alla comparsa di tale sintomo perché l’altra cosa che abbiamo imparato in queste settimane è che la malattia può evolvere rapidamente verso la fatalità.
Vi sono pertanto due momenti fondamentali per combattere efficacemente la malattia e in entrambi i casi con decisioni da prendere semplicemente valutando la clinica: primo) appena insorgano i sintomi influenzali (febbre, astenia etc) iniziare al più presto associazione terapeutica Azitromicina e idrossiclorochina, da continuare per 7-10 giorni, allo scopo di ridurre il livello di infiammazione; secondo) al momento della comparsa di dispnea, impiego di Calcieparina a dosi scoagulanti per mantenere pervi i vasi arteriosi polmonari, salvando così molte vite. 

Ricordiamo sempre come ogni farmaco debba essere assunto sotto controllo medico e mai come auto somministrazione.


Prof. Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie Cardiovascolari
profacapucci@gmail.com

Questi i link di altri articoli pubblicati dallo stesso autore su queste pagine:

COVID-19: in Italia si è trovato bene (parte 1) (parte 2) (parte 3) (parte 4)
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