Intervista al Generale di Divisione Antonio Bettelli comandante dell’Aviazione dell’Esercito (AVES)

di Massimo Baldi
(Intervista pubblicata in contemporanea anche sul Mensile di Aeronautica e Spazio JP4“, gennaio 2016)

Nel corso di una recente assemblea dell’Aero Club di Lugo, sodalizio sportivo che ha come insegna il celebre “Cavallino” di Francesco Baracca e che riunisce una scuola di volo per aeroplani e la Scuola Nazionale Elicotteri “Guido Baracca”, è stato nominato socio onorario il Generale di Divisione Antonio Bettelli, comandante dell’Aviazione dell’Esercito (AVES) e amico di vecchia data dell’Aero Club di Lugo e del suo presidente, Avvocato Giovanni Baracca, discendente dell’eroe lughese. Al termine della serata abbiamo potuto scambiare qualche parola con il gen. Bettelli, che si è prestato a rispondere alle nostre domande sulla sua esperienza professionale e su temi d’interesse generale di questa giovane specialità dell’Esercito Italiano.

gen div Antonio Bettelli AVES
Il generale di Divisione Antonio Bettelli, comandante dell’Aviazione dell’Esercito (Foto AVES)

Da quanto tempo è al comando dell’Aviazione dell’Esercito, la più recente specialità dell’Esercito Italiano? Grande responsabilità e grande impegno?

«Sono al comando dell’AVES non da molto. Ho infatti iniziato questa bellissima esperienza da poco più di un anno, esattamente nel settembre del 2014, anticipatamente rispetto ai tempi programmati a causa della scomparsa prematura dell’indimenticato e compianto generale Giangiacomo Calligaris, perito in un incidente di volo nel gennaio dello scorso anno. E un incarico di grande responsabilità che percepisco, tra quelli che hanno animato la mia esperienza professionale, come il più impegnativo per la complessità dei problemi trattati. Si tratta di gestire risorse umane e materiali importanti, raccolte in un’organizzazione che conta circa 6.000 uomini, di cui 600 piloti e 1.500 tecnici, e che annovera una flotta di aeromobili ancora numerosa, oggi coinvolta in un passaggio forse epocale tra la tradizione, il passato, e la modernità, il futuro. Le linee storiche dell’Aviazione dell’Esercito, quelle che definiamo di legacy, potremmo dire anche “analogiche’: gli elicotteri AB205, AB212 e AB412, lasciano spazio ai nuovi aeromobili che assicurano sin d’ora alla nostra aviazione un salto nel futuro. Dall’NH90, prodotto europeo di cui AgustaWestland è una delle ditte protagoniste, al CH47F (foxtrot) che sta gradualmente sostituendo il CH47C (charlie) gravato dai suoi 40 anni di storia. Per arrivare all’AWI29, l’elicottero da esplorazione e scorta oggi in fase di ammodernamento a standard operativi che ne assicurino l’efficacia negli anni a venire, e poi alla new entry dell’Aviazione dell’Esercito, il primo aeromobile a pilotaggio remoto, il TUAV (Tactical Unmanned Aerial Vehicle) Shadow 200, già in uso nell’Esercito USA dagli inizi degli anni 2000, che di recente abbiamo acquisito e per il quale stiamo formando gli equipaggi: gli operatori di sistema, i sensoristi e il personale tecnico

Quanti aeromobili a pilotaggio remoto o droni saranno acquisiti dall’AVES?

«Avremo quattro sistemi complessivamente, appartenenti alla categoria dei cosiddetti APR tattici, con un raggio d’azione che, nominalmente e nell’estensione massima, permette al velivolo di allontanarsi dalla stazione di controllo ben oltre il centinaio di chilometri, equipaggiato con un buon sensore elettroottico che consente di acquisire in tempo reale immagini sia di giorno sia di notte. Una buona capacità di esplorazione, quindi: non solo a fini di sorveglianza, ma anche per l’acquisizione di riferimenti utili all’intervento efficace degli elicotteri AW129 Mangusta con cui gli Shadow opereranno in stretta integrazione.»

Lo Shadow 200 avrà la possibilità di integrarsi anche a livello satellitare?

«Al momento no. Come detto lo Shadow è nato per soddisfare esigenze proprie del livello tattico, quindi entro spazi relativamente contenuti, ma non è impensabile uno sviluppo che ne estenda l’impiego oltre il limiti della cosiddetta ‘Line of Sight’. A livello strategico, l’Aeronautica Militare, come noto, ha propri aeromobili a pilotaggio remoto, i Predator, già impiegati nelle operazione fuori area, che assicurano la sorveglianza a distanze ben più rilevanti rispetto al nostro TUAV. Per le attuali esigenze dell’Esercito, lo Shadow apre in ogni caso un nuovo orizzonte di capacità, anche nella dimensione d’impiego duale che è uno dei contesti operativi cui le forze armate prestano molta attenzione. L’impiego duale delle risorse delle forze armate, prioritariamente concepite per scopi militari, apporta infatti alla società civile capacità importanti in vari settori: dal controllo del territorio e dell’ambiente, alla sorveglianza geologica, industriale e in campo agricolo, più ampiamente nel vasto settore della sicurezza civile.»

In questo grave periodo di congiuntura nazionale e internazionale, com’è la situazione dell’Aviazione dell’Esercito?

NH90 Aves Foto AVES
Un NH90 dell’Aves (foto Esercito Italiano)

«Il momento congiunturale non è affatto favorevole ed è ancor più gravato dal già citato periodo di transizione tra le linee di legacy e quelle moderne. Indubbiamente, i nuovi elicotteri sono iper performanti e assicurano agli equipaggi dell’Aviazione dell’Esercito piena soddisfazione. Da anni stiamo utilizzando gli NH90 in Afghanistan, siamo stati la prima nazione nel novero numeroso di quelle acquirenti a farlo, e devo dire che l’esperienza d’impiego in ambiti spesso degradati dalla minaccia e da condizioni ambientali onerose ha dimostrato come la tecnologia moderna applicata ai nuovi elicotteri alleggerisca il carico di lavoro sugli equipaggi. Basti pensare che si tratta di aeromobili in grado di condurre in modo autonomo manovre di decollo e di atterraggio.  E indubbio dunque che l’attenzione dell’equipaggio, che converge sull’assolvimento della missione operativo, è alleggerito nell’assolvimento dei compiti strettamente connessi con il pilotaggio, a vantaggio delle mansioni operative, in condizioni in cui l’ambiente, come già accennato, e spesso fortemente degradato, di notte e di giorno, con visibilità ridotta dallo presenza, tipicamente negli ambienti desertici o semidesertici, di polvere e di fenomeni atmosferici che ingenerano nelle fasi di movimento al suolo, specie di atterraggio,  il fenomeno del cosiddetto ‘brownoute’, la possibile perdita dei riferimenti per l’orientamento spaziale. Macchine, pertanto, molto sicure, ma, al tempo stesso, molto costose. Occorre adottare una nuova filosofia di gestione, non solo per il pilotaggio, ma soprattutto per la gestione manutentiva, con oneri che stiamo scoprendo essere, talora, dolorosi. La congiuntura economico-finanziaria del paese è nota a tutti e tutti siamo al tempo stesso consapevoli della delicatezza dell’attuale situazione geopolitica e internazionale. Mi auguro che a breve si possa tornare a valori di finanziamento congrui, per la difesa nazionale, con il livello d’ambizione proprio di una nazione importante come l’Italia. Cerchiamo di essere ottimisti, stringiamo i denti impegnandoci a fare il nostro meglio per soddisfare le aspettative di sicurezza insite nella nostra presenza istituzionale.»

Alla crisi economica in questi ultimi giorni si è aggiunta un’altra emergenza ancor più grave: la spirale di terrorismo internazionale che preoccupa il mondo intero. Voi come siete impegnati in questo settore?

AVES stemma
Il distintivo dell’AVES

«L’impegno dell’Esercito Italiano è al fianco delle altre forze armate che da anni sono impegnate sia nelle missioni all’estero, in numerosi teatri operativi, sia sul territorio nazionale a supporto delle forze dell’ordine e di polizia. Quest’ultimo impegno, l’operazione denominata “Strade Sicure”, sta diventando di giorno in giorno più importante, anche in previsione dei grandi appuntamenti che il nostro paese ospiterà a breve e alla luce dei gravi e recenti accadimenti europei. Sul fronte delle missioni all’estero, le forze armate e l’Aviazione dell’Esercito, operano da decenni al di fuori dei confini italiani per la salvaguardia della sicurezza internazionale. Merita menzione, primo fra tutti, l’impegno in Libano che è un teatro d’impiego storico per le forze armate e soprattutto per l’Aviazione dell’Esercito. A Nuquura, nel sud del paese dei cedri, al confine con Israele, operano ancora oggi sei elicotteri AB 212 dell’Aviazione dell’Esercito che dal 1979 vigilano, nel contesto dello missione UNIFIL, sulla cessazione delle ostilità tra le parti. Poi c’è l’impegno in Afghanistan dove lo nostra Aviazione schiera ancora oggi otto elicotteri con una presenza che sarà mantenuta per il 2016.
Il nostro lavoro è importante. Chiunque ha compreso che gli elicotteri sono mezzi insostituibili per condurre con successo le operazioni militari, per proteggere le unità a terra e per intervenire a loro supporto nel momento in cui le condizioni operative dovessero volgere al peggio, per assicurare lo sgombero sanitario e i rifornimenti logistici, per esercitare la capacità di comando e controllo a distanza e con tempi altrimenti non realizzabili. È un contributo, quello offerto dall’Aviazione dell’Esercito, che tutti, in campo nazionale e internazionale, riconoscono come irrinunciabile

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