Linee guida del Ministero della Salute: a fine anno 2020 nulla è cambiato

Solitamente la storia insegna e l’esperienza si tesaurizza per trarne vantaggi. Ciò non pare avvenire riguardo le linee guida del Ministero della Sanità pubblicate il 30/11/2020

LA PAROLA ALL’ESPERTO

(Tempo di lettura: 14′:00″)

L’autore: Alessandro Capucci, originario di Faenza, bolognese d’adozione, professore ordinario di malattie cardiovascolari, per molti anni direttore della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale “Le Torrette” di Ancona, un’eccellenza a livello nazionale e internazionale nel trattamento delle patologie cardiovascolari, dal 2008 al novembre 2019 direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari presso l’Università Politecnica delle Marche. È stato inoltre uno degli otto membri in Europa del “Working Group on Arhythmias” della “Società Europea di Cardiologia”, nonché vice presidente dell’associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, autore dello studio “Aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, influenze del sistema neurovegetativo” e inoltre organizzatore di vari progetti internazionali e artefice di numerose pubblicazioni. Da sottolineare che il prof. Capucci, pur non essendo un ricercatore di base ma praticando solo ricerca clinica, quindi più difficile da essere citata, nel prestigioso database di ricerca scientifica internazionale «Scopus», risulta avere un h-index di 59 punti, con 410 documenti all’attivo

Premessa
Vi sono alcuni punti fermi riguardo il Coronavirus, noti da tempo in letteratura:
Il virus è stabile anche all’esterno soprattutto sulle superfici lisce, sugli strati esterni delle mascherine chirurgiche; risente negativamente della temperatura elevata (può vivere 14 giorni a 4° ma resiste 5 minuti a 70°). È suscettibile ai disinfettanti standard (vds. nota in calce Bibliografia 1). Ci si può attendere pertanto una maggiore virulenza nel periodo invernale (oltre a variare con il tasso di umidità e con la presenza del particolato nell’ aria ambiente)
• È ormai noto, almeno fin dalla primavera scorsa, il meccanismo di sviluppo della malattia da coronavirus con iniziale entrata nell’organismo ospite attraverso i recettori ACE-2 e sua replicazione (prima fase); indi favorisce lo scatenamento di una reazione anticorpale con sindrome da antifosfolipidi (tempesta delle citochine) che innesca nella fase terminale la coagulazione intravascolare disseminata che spesso è causa di morte (Bibl. 2, 3)
• L’idrossiclorochina è farmaco noto da decenni in terapie di pazienti con lupus eritematoso, artrite reumatoide e malaria proprio per la sua efficace azione di riduzione dei livelli di anticorpi antifosfolipidi (Bibl. 4). Diversi lavori ne hanno evidenziato la sicurezza di impiego sia in terapie prolungate che in cicli terapeutici brevi con dosi non necessariamente elevate, anche di 200 mg 2 volte al giorno (Bibl. 5, 6 e 7)
• Un atteggiamento attendistico, come quello applicato in Italia nella prima fase della pandemia si è dimostrato fallimentare, accompagnandosi ad un elevato numero di morti, che ha raggiunto il 30% degli ospedalizzati (Bibl. 8). Sempre più viene riportato con chiarezza come un ricovero tardivo, in persone che non hanno effettuato alcuna terapia in precedenza, si accompagni ad alta incidenza di mortalità.

ll 30 novembre 2020, il Ministero della Salute, Direzione Generale della Programmazione e Prevenzione Sanitaria, ha diffuso una circolare con oggetto “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-Cov-2 (un click → per accedere al documento),  “…al fine di fornire indicazioni operative tenuto conto dell’attuale evoluzione della situazione epidemiologica sul terrirorio nazionale(Coronavirus).

Analisi critica alle linee guida del Ministero della Salute

a) Dopo avere specificato nella circolare che “…il patogeno (COVID-19) è sconosciuto alla comunità scientifica internazionale…” (forse in febbraio e marzo, ma non certo ora in dicembre), alla pag. 1 si dice: ” …vi è forte raccomandazione che soprattutto i malati che presentano la sintomatologia più grave (pazienti ospedalizzati) vengano inclusi in ‘clinical trials’…”.
Questa è una raccomandazione priva di possibili risvolti di raccolte dati di valore scientifico. Quale farmaco può infatti essere utile ai livelli avanzati della malattia quando si è innescata la coagulazione intravascolare ad esempio, con paziente già intubato? Vi è a questo punto poca probabilità di avere qualunque effetto positivo. Al contrario invece le eventuali terapie testate potrebbero avere valore scientifico e pratico se si valutassero prima dell’aggravamento e quindi a domicilio, evitando un’ospedalizzazione troppo tardiva. Quindi strategia, insita nelle raccomandazioni, non condivisibile in quanto porterebbe con certezza a dati di scarsa utilità clinica perché raccolti in una fase troppo avanzata della malattia.
b) Si passa quindi, sempre a pag. 1, a descrivere la sintomatologia delle fasi iniziali della malattia conclamata: “…malessere generale, febbre e tosse secca.
In realtà la sintomatologia iniziale è più varia e passa attraverso: cefalea, forti dolori toracici, diarrea, possibile perdita di gusto e olfatto e la febbre inizialmente tende ad essere persistente. Sarebbe stato molto utile elencare qui tutti i maggiori sintomi invece di descriverne solamente tre, per giunta assolutamente aspecifici.
c) A pag. 2 si inizia parlando della FASE 2 della malattia o della polmonite interstiziale, saltando quindi del tutto gli importantissimi primi giorni della malattia che servirebbero, secondo queste linee guida, solo per attendere passivamente l’avvento della polmonite interstiziale e della “ipossiemia silente” (vedremo che dopo sarà affrontata con il grande strumento “saturimetro”).
Successivamente si afferma che in un numero limitato di persone questo quadro può evolvere nella tempesta citochinica. A giudicare dai dati della letteratura anche Italiana invece, il numero delle progressioni sfavorevoli non è così limitato quando si giunga alla fase della polmonite interstiziale bilaterale, con mortalità che arriva al 30% (Bibl. 8). A questo punto vengono descritti nelle linee guida i possibili parametri infiammatori che si innalzano, utili certo da conoscere ma ben poco utili per la cura che teoricamente dovrebbe, in questa fase, essere stata già approntata.
d) La tabella in fondo a pag. 2, tratta addirittura dal National Institute of Health, è di utilità uguale a “zero”. La malattia severa qui descritta è sicuramente già critica e la critica è praticamente irrecuperabile. Bisogna spostare la logica di valutazione in anticipo, per cui tabella del tutto inutile, anzi fuorviante in quanto usa termini inappropriati al reale stato clinico.
e) A pag. 3 si affronta la stratificazione del rischio. Viene riportato il classico elenco di patologie, molte delle quali come ipertensione arteriosa e fibrillazione atriale ad esempio possono essere solo epifenomeni ma non costituiscono un problema negativo specifico. Infatti i lavori ci dicono che sono soprattutto l’età, le neoplasie coesistenti e il rapporto sfavorevole ossigenazione/pO2, in aggiunta eventualmente alla frequenza respiratoria che costituiscono i veri fattori prognostici. Insistere in questo elenco di patologie, già ampiamente riportato da mesi, non è utile per i medici di medicina generale e per il personale sanitario. Sarebbe giunto il momento, a distanza di mesi, di entrare più nei particolari, perché i dati esistono (Bibl. 9). Ci viene invece fornito un bell’algoritmo addirittura della Cleveland Clinic.
Scenari di gestione domiciliare
f) Si inizia con un punto: “necessità di razionalizzare le risorse…“, poi “…mettere in sicurezza il paziente e non affollare in maniera ingiustificata gli ospedali…“.
Ottimi propositi, ma come si suggerisce di perseguirli?
Inizialmente si afferma che: “i Medici di Medicina Generale (MMG) e i Pediatri di Libera Scelta (PLS) grazie alla (loro) presenza capillare sul territorio e conoscenza diretta della popolazione di assistiti” (…) “devono giocare…” (si utilizza proprio la parola “giocare” invece di “agire”) non in prima persona ma “… in stretta collaborazione con il personale delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), per lo più costituita da infermieri. Non solo ma anche confrontarsi con “…eventuali unità di assistenza presenti nel territorio…”.
Quindi di fatto prima si ventila che MMG e PLS siano fondamentali protagonisti per trattare questa pandemia (immaginiamo a questo punto a domicilio) poi si nominano altre figure di interazione sul territorio per cui è reso difficile capire chi fa e che cosa. L’elenco dei compiti che segue in fondo a pag. 3 è costituito da una numerosa serie, nessuno dei quali può condurre agli aspetti medici fondamentali che sono: pronta diagnosi e corretta terapia. Si parla di: ”…segnalazione ai dipartimenti di prevenzione… (costituiti da chi? Con quali competenze e preparazione?), …esecuzione di possibili test diagnostici… (senza tenere conto che la sensibilità al meglio dei tamponi più accurati [PCR] non supera il 70% e la specificità è ancora più ridotta). Qui si nominano i tamponi rapidi che hanno addirittura un’accuratezza predittiva inferiore. A proposito di “ottimizzare le risorse”.
Si elencano altri compiti: “…monitoraggio e gestione domiciliare dei pazienti che non richiedono ospedalizzazione…” (vedremo poi con quali mezzi), “…prescrizione di norme di comportamento e terapie di supporto (…) istituzione di un’alleanza terapeutica con il paziente e con il ‘caregiver’…”. Ma chi la dovrebbe istituire questa fantomatica alleanza?..”. Ed inoltre, “…identificazione precoce dei parametri e/o condizioni cliniche a rischio di evoluzione della malattia con conseguente necessità di ospedalizzazione…”. Qui finalmente si darebbe al MMG il suo ruolo principale.. vedremo dopo però quali armi il medico avrà in dotazione.
Vi sono poi i due punti finali, pleonastici sulla identificazione degli assistiti; dico pleonastici perché fanno parte della comune pratica medica e non di linee guida specifiche.
In fondo a pag. 4 ancora confusione di ruoli fra MMG, PLS, USCA, eccetera.
g) Magistrale la pag. 5 che riporta i fattori che dovrebbero consentire al MMG di orientarsi su quale paziente sia o meno a rischio. Pazienti a basso rischio se sintomi simil-influenzali (rinite, tosse senza dispnea, mialgie, cefalea); assenza di dispnea e di tachipnea con SpO2 > 92%; febbre < 38° o anche > di 38° se da meno di 72 ore; sintomi gastro enterici; astenia , ageusia, anosmia.
Anche qui viene fuori un bello score MEWS (Modified Early Warning Score), riportato in tabella .
Questo elenco in realtà mette assieme sintomi e segni clinici che possono essere presenti anche nei pazienti più severi. Ad esempio una saturazione del 92% ottenuta col saturimetro può corrispondere ad una pO2 decisamente sotto il 90% e quindi potrebbe già essere espressione di una patologia polmonare significativa. Anche la febbre che dura da 3 giorni sopra i 38° non è un segno trascurabile. Non parliamo della diarrea e della cefalea che potrebbero essere sintomi importanti e sono anche utilizzabili per la diagnosi clinica di malattia da coronavirus.
h) Il meglio però è qui rappresentato dalla tabella degli score che sono drammaticamente lontani dall’utilità clinica. Qui si constata veramente come manchi completamente un’analisi medico-clinica della situazione. Si parte dal presupposto di avere a domicilio pazienti con livelli di coscienza vigile, con frequenza cardiaca entro i 100/min e respiratoria < di 24/min. Non è necessario alcuno score ma una semplice visita medica per accorgersi della gravità del quadro e della necessità di ospedalizzazione.
i) Da pag. 6 a pag. 9 si parla del “pulsossimetro” o banalmente “saturimetro” e della sua grande utilità. Senza celarne il possibile facile impiego e una qualche utilità indicativa, non vediamo perché dilungarsi in interminabili descrizioni a scapito invece di quello spazio che prima poteva essere speso per descrivere i quadri clinici importanti da valutare a scopo poi terapeutico.
l) In fondo a pag. 8 poi si dice: “E’ largamente raccomandabile che in presenza di adeguata fornitura di dispositivi di protezione (…) i MMG e i PLS, anche integrati nelle USCA (tutti sullo stesso piano di competenza quindi) possano garantire una diretta valutazione dell’assistito attraverso l’esecuzione di visite domiciliari.”
A giudicare da questo giro di parole quindi non è necessario, secondo queste linee guida, andare a visitare il paziente a domicilio, da subito, da parte di nessuna delle figure menzionate. Non è chiaro infatti se, da come sono riportate le frasi, questi protagonisti sanitari ci dovrebbero andare da subito al manifestarsi della malattia o come può apparire in questa pagina, “…nel caso di aggravamento delle condizioni cliniche…”?
m) A pag. 9 inizia la descrizione della gestione della terapia farmacologica domiciliare.
Questo è il capitolo più importante a sottolineare la pochezza quasi sconvolgente di queste linee guida.
A leggere i consigli si notano molte analogie con le linee guida lombarde uscite qualche giorno prima.
Prima vi è un magistrale inquadramento, per carità dedotto da WHO (World Health Organization, in Italiano OMS, Organizzaione Mondiale della Sanità), in una classificazione ulteriore: “caso confermato” (comprensivo dei positivi asintomatici), “caso probabile” (criteri clinici presenti ma ci deve essere anche avvenuto contatto con paziente COVID), “caso sospetto” (qui ci vuole una lastra..imaging..), “caso lieve” (breve descrizione di sintomi con speriamo un refuso… “alterazione dello stato di coscienza.“) Una classificazione direi parziale e assolutamente inutile al contesto clinico.
n) A pag. 10 si profila poi un lungo elenco di consigli per la gestione clinica dei pazienti a domicilio, con alcuni utili (per così dire) suggerimenti quali ”…vigile attesa (…) misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno (…) appropriata idratazione e nutrizione” (la nausea e il vomito a volte presenti possono rendere difficile tale punto). Inoltre non bisogna modificare le terapie soprattutto in caso di frequente comorbidità.
Dopo almeno nove mesi di esperienza di malattia da Coronavirus viene riportato solamente come consiglio terapeutico un elenco dei farmaci da non somministrare: antibiotici, cortisone, eparinici, idrossiclorochina, vitamina, integratori alimentari, lattoferrina. Non viene fatta menzione per fortuna dello Zinco, molto utilizzato nei paesi anglosassoni.
In altre parole si deduce da queste, chiamiamole Linee guida, che la persona che si ammala di Coronavirus (SARs.CoV-2) debba rimanere a casa senza necessariamente essere visitato dal MMG o dal PLS (non reso obbligatorio, ma consigliato), si controlli la febbre da solo e si faccia comprare un saturimetro. Qualora diventi dispnoico o il saturimetro segni valori sotto il 92% chiami il 112.
Il MMG o il PLS d’altro canto non hanno alcuna possibilità terapeutica, anche se alla visita venisse fuori qualche sospetto clinico di peggioramento, in quanto non possono prescrivere nulla tranne la ormai famosissima tachipirina, nemmeno le vitamine.
Esattamente come nel febbraio scorso e abbiamo visto come è andata a finire: un numero di morti record che ha reso il nostro paese famoso in tutto il mondo.

Naturalmente la strategia da porre in atto è completamente diversa ed è riassumibile in pochi punti:
• Il MMG (adeguatamente attrezzato) è il protagonista assoluto della diagnosi e terapia dei pazienti ammalati di COVID e l’azione si svolge a domicilio dei pazienti, con un protocollo unico nazionale possibile secondo un articolo della Costituzione.
• La diagnosi al domicilio viene effettuata in base alla semeiologia, ormai chiara anche per questa malattia. Può essere effettuato il tampone ma non è da ritenersi fondamentale per la diagnosi.
• Inizio della terapia con idrossiclorochina entro massimo 1-2 gg dalla diagnosi (valutazione della terapia in atto, comorbidità, etc.) alla dose di 200 mg due volte al giorno.
• Qualora la febbre continui e i sintomi non si attenuino entro le 72 ore, inizio di cortisone ed eparina sottocute; se febbre molto alta e tosse, aggiunta di Azitromicina.
• In caso di desaturazione, dispnea, FR (frequenza respiratoria) > 24/min; FC (frequenza cardiaca) persistentemente > 100-110/min: ospedalizzazione.
Ricordiamo come diversi studi osservazionali eseguiti da diverse equipes in aree geografiche diverse hanno documentato che con una terapia domiciliare precoce, specie con idrossiclorochina (Bibl. 10), si riduce, in sicurezza, la percentuale di ospedalizzazione del 75% (dal 20% al 5%) (Bibl.11). In questo modo limitando fortemente gli accessi in ospedale si otterrebbe una restituzione dei nosocomi alla loro funzione estesa a tutta la popolazione degli ammalati e non solamente ai COVID-19, trattabili in maggior parte con successo a domicilio.

Bibliografia
1) AWH Chin et al, Stability of SARS-CoV-2 in different environmental conditions , Lancet Microbe 2020, April 2 ( published on line)
2) M. Hoffman net al SARS-Cov-2 cell entry depends on ACE-2 and TMPRSS2 and is blocked by a clinical proven protease inhibitor, Cell 2020;181:271-80
3) C. Huang et al Clinical features of patients infected with 2019 novel coronavirus in Wuhan, China, Lancet 2020;395:497-506
4) E. Nuri et al Long term use of Hydroxychloroquine reduces antiphospholipid antibodies levels in patients with primary antiphospholipid syndrome, Immunologic Research 2017;65:17-24
5) C Ponticelli et al, Hydroxychloroquine in systemic lupus erythematosus (SLE), Expert Opinion on Drug Safety 2017;16:411-19
6) M. Million et al Early treatment of COVID-19 patients with hydroxychloroquine and azithromicyn: a retrospective analysis of 1061 cases in Marseille, France. Travel Med Infect Dis 2020; 35:101738
7) A. Capucci et al Low hospitalization rate without severe arrhythmias: a prospective survey on 350 patients early home treated with hydroxychloroquine during COVID-19 pandemic,J Cardiovasc Med 2020;21:922-23
8) M Bellan et al Fatality rate and predictors of mortality in an Italian cohort of hospitalized COVID-19 patients, Scientific Reports 2020; 10: 20731
9) S Richardson et al Presenting characteristics, comorbidities, and outcomes among 5700 patients hospitalized with COVID-19 in the New York city area, JAMA 2020;323:2052-59
10) C. Prodromos et al Hydroxychloroquine is effective, and consistently so when provided early, for COVID-19: a systematic review, New Microbe and New Infect 2020;38: 100776
11) CP Skipper et al, Hydroxychloroquine in nonhospitalized adults with early COVID-19: a randomized trial. Ann Intern Med 2020.

Prof. Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare
email: profacapucci@gmail.com

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Edp – redazione MB

Aggiornato il 9 dicembre 2020 h. 12:44

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