Medicina e politica: meglio un regime di separazione

Prof. Alessandro Capucci

Sono tanti ormai gli esempi esistenti di intreccio fra medicina e politica che non vale nemmeno la pena elencare. Vi è però un avvenimento recente che merita un momento di riflessione in quanto rischia di impattare negativamente sulla salute di molti: si tratta del “caso Idrossiclorochina”

(Tempo di lettura: 07′:10″)

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L’autore: Alessandro Capucci, originario di Faenza, bolognese d’adozione, professore ordinario di malattie cardiovascolari, per molti anni direttore della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale Le Torrette di Ancona, un’eccellenza a livello nazionale e internazionale nel trattamento delle patologie cardiovascolari, dal 2008 al novembre 2019 direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari presso l’Università Politecnica delle Marche. E’ stato inoltre uno degli otto membri in Europa del Working Group on Arhythmias della società Europea di Cardiologia, nonché vice presidente dell’associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, autore dello studio “Aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, influenze del sistema neurovegetativo” e inoltre organizzatore di vari progetti internazionali e artefice di numerose pubblicazioni.

L’idrossiclorochina è un farmaco noto da tempo, a basso costo e impiegato prevalentemente come antimalarico, in pazienti HIV o in terapie croniche per persone sofferenti di lupus eritematoso sistemico, come agente antagonista della cosidetta sindrome da antifosfolipidi, malattia che può notoriamente condizionare un largo spettro di compromissioni polmonari e vascolari, alla stregua del Covid-19 (G. Espinosa The lung in the antiphospholipid syndrome Ann Rheum Dis 2002;61:195-198). Ebbene in queste devastanti patologie, per lo più croniche, la idrossiclorochina è da tempo utilizzata con lo scopo di ridurne l’evolutività, ad esempio impedendo l’insorgere della temutissima sindrome respiratoria dell’adulto (ARDS) che porta a gravi e irreversibili deficit respiratori (E. Nuri et al Long term use of Hydroxychloroquine reduces antiphospholipid antibodies levels in patients with primary antiphospholipid syndrome Immunologic Research 2017;65:17-24). Tale farmaco si è dimostrato efficace in queste patologie ponendo attenzione alla possibile insorgenza di esistenti effetti collaterali. Questi sono molto più evidenti con l’impiego della clorochina e in terapie croniche, soprattutto a carico della retina; inoltre con alcune formulazioni di idrossiclorochina, ma invece sono risultate di minore importanza con il Plaquenil specie alla dose giornaliera di 200-400 mg (GRV Hughes Hydroxychloroquine: an update Lupus 2018;27:1402-1403). Queste sostanze possono allungare il tempo di ripolarizzazione ventricolare (QT) che notoriamente a sua volta può essere pericoloso per scatenamento di aritmie potenzialmente mortali. Se andiamo a vedere i lavori esistenti si capisce come anche in questo caso ne sia implicata piuttosto la clorochina invece dell’idrossiclorochina e per dosaggi elevati (1235 gr/die di mediana), assolutamente non avvicinabili nella terapia per il Covid (C Chatre et al Cardiac complications attributed to cloroquine and hydroxychloroquine: a systematic review of the literature Drug Saf, 2018;41(10):919-931). L’idrossiclorochina in particolare, fino a 400 mg/die, sembra invece potere contribuire a ridurre lievemente la frequenza cardiaca mentre ha poco effetto sul QT (E. Cairoli et al, Cumulative dose of hydroxychloroquine is associated with a decrease of resting heart rate in patients with sistemi lupus erythematosus: a pilot study, Lupus 2015; 24:1204-1209). Vi sono pertanto piccoli accorgimenti da porre, con la conoscenza del farmaco, ma non esistono effetti collaterali severi con l’idrossiclorochina, soprattutto alle dosi utilizzabili e nei brevi tempi necessari per trattare i pazienti Covid.
Ne consegue che è attualmente presente un farmaco che se impiegato con tempestività, ai primi sintomi dell’ influenza, è in grado di bloccare l’ evoluzione infiammatoria proprio inserendosi nel meccanismo degli antifosfolipidi che generano le maggiori complicanze del Covid. Pare quindi di avere in casa la cura, a basso costo, ed efficace contro il Coronavirus (usciti dati favorevoli anche da uno studio francese ed uno cinese anche se con piccoli numeri). Perché allora non viene proclamata questa notizia ai cittadini, così contribuendo a ridurre le ambascie in cui sono precipitati?
Alla fine di marzo Rudy Giuliani, essendo venuto a conoscenza di promettenti risultati con impiego di questo farmaco, suggerisce al presidente Donald Trump che l’idrossiclorochina se utilizzata precocemente può essere una valida terapia contro il Coronavirus. Immediatamente Trump si preoccupa di dare questo favorevole annuncio ai mass media, sottolineando anche, in modo scherzoso, di aspettarsi in seguito il Nobel. Immediatamente si sono scatenati contro non solo i media; anche la comunità scientifica reagirà di li a poco.
Nel nostro paese AIFA esce con un primo documento che è un warning contro l’impiego di clorochina, idrossiclorochina (1/04) e poi anche azitromicina per possibili effetti collaterali (8/04). Passano pochi giorni ed esce un articolo scientifico di un gruppo svedese che sottolinea gli effetti negativi, ancora una volta accomunando clorochina e idrossiclorochina, valutati per lo più in terapie croniche. Il 23 aprile l’Agenzia Europea del farmaco pubblica un ulteriore documento che spinge alla cautela nell’impiego di questi farmaci. Nel frattempo sono stati avviati studi clinici, anche da parte di AIFA, per documentare efficacia e sicurezza della idrossiclorochina, ma questi sappiamo richiedono tempo per giungere a dei risultati. Escono anche segnalazioni di medici italiani impegnati sul campo, riguardo l’utilità di questa terapia, se presa precocemente con conseguente riduzione di ospedalizzazioni e di pazienti che necessitano il respiratore; sono tuttavia osservazioni e non studi controllati per cui non impattano sulla comunità scientifica che invece si ostina a predicare cautela all’impiego della idrossiclorochina, in contrapposizione alle affermazioni un po’ guasconesche dal presidente degli USA. Il 16 aprile viene pubblicato un nuovo studio cinese su 150 pazienti ancora negativo per l’impiego di Idrossiclorochina. Si dimostra che il farmaco non solo non aiuta la guarigione ma aumenta gli effetti collaterali. Questo lavoro in realtà impiega il farmaco in ospedale, in pazienti in stato avanzato di malattia e quindi con processo infiammatorio già molto evoluto. Pazienti quindi dove è ben difficile avere effetti positivi con qualsiasi trattamento. Pazienti ben diversi da quelli che si propongono quando si parla di terapia precoce. Malgrado questi evidenti limiti è stata rapida la reazione suscitata dai mass media perseguendo chiari intenti politici. Il Washington Post in data odierna, dopo un ulteriore studio ad esito negativo uscito su NEJM (J. Geleris et al Observational study of Hydroxychloroquine in hospitalized pts with Covid-19, May 7th, 2020) sempre in pazienti in stadio avanzato di malattia, nella rubrica business pubblica un articolo dal titolo che non ammette dubbi: ”Anti-malarial drug Trump touted is linked to higher rates of death in VA coronavirus patients, study says”.
Ancora una volta i dati dello studio sono derivati da pazienti in stato avanzato di malattia; si parla di una condizione pertanto assolutamente lontana da ciò che aveva brevemente sostenuto il presidente americano.
Naturalmente il risultato di tali lavori e la loro distorta informazione rendono più difficile l’applicazione su larga scala di quella che, se somministrata correttamente all’inizio della malattia, è in grado di modificarne benignamente il decorso restituendo alle persone una pressoché normale vita di relazione.
Le vicende del Coronavirus e dell’idrossiclorochina ci devono insegnare alcune cose fondamentali:
1) gli studiosi, in situazioni di emergenza devono saper cambiare velocità di giudizio a favore di possibili applicazioni di terapie potenzialmente efficaci e sicure anche in assenza di risultati derivanti da studi randomizzati; 2) per nessun motivo i risultati di studi, ancora in corso di verifica, devono essere utilizzati a scopi politici; 3) la ricerca della verità assoluta nell’interesse esclusivo dei cittadini deve essere sempre prioritaria per scienziati e studiosi degni di questo nome.
Abbiamo l’drossiclorochina, non un farmaco miracoloso ma certamente utile e a basso costo, per contrastare gli effetti avversi del Coronavirus, impieghiamolo bene e otterremo un grado minore di accessi in ospedale e alle terapie con respiratori, indirizzandovi così solo gli ammalati “non responder”. Potremo così smentire chi afferma che la nostra vita non sarà più come prima perché saremo in grado di riprendercela ben prima che esca un “miracoloso” vaccino. La politica deve solo seguire la scienza e non dettare i termini e i tempi delle strategie terapeutiche. Certo che i condottieri devono essere, a loro volta, persone “valide” da un punto di vista scientifico, integri intellettualmente e non assoggettate a interessi di parte e tanto meno politici. La campagna contro il Presidente Trump non ha risparmiato nemmeno la corretta informazione sulla possibile terapia efficace esistente contro il Coronavirus e questo non solo è una strumentale ingiustizia verso un uomo politico ma soprattutto una grave colpa verso coloro che non ci sono più e forse avrebbero ancora potuto essere fra di noi.


Prof. Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie Cardiovascolari
profacapucci@gmail.com

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