SARS-Cov e SARS-Cov2: tante analogie ma poche deduzioni. Evidenze di un disastro annunciato

LA PAROLA ALL’ESPERTO

L’analisi del professor Alessandro Capucci

L’autore: Alessandro Capucci, originario di Faenza, bolognese d’adozione, professore ordinario di malattie cardiovascolari, per molti anni direttore della Clinica di Cardiologia dell’Ospedale “Le Torrette” di Ancona, un’eccellenza a livello nazionale e internazionale nel trattamento delle patologie cardiovascolari, dal 2008 al novembre 2019 direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari presso l’Università Politecnica delle Marche. È stato inoltre uno degli otto membri in Europa del “Working Group on Arhythmias” della “Società Europea di Cardiologia”, nonché vice presidente dell’associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, autore dello studio “Aritmie cardiache, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, influenze del sistema neurovegetativo” e inoltre organizzatore di vari progetti internazionali e artefice di numerose pubblicazioni. Da sottolineare che il prof. Capucci, pur non essendo un ricercatore di base ma praticando solo ricerca clinica, quindi più difficile da essere citata, nel prestigioso database di ricerca scientifica internazionale «Scopus» risulta avere un H-index di 60, con 415 documenti all’attivo

E’ stato sufficiente andare su Internet e specificamente in PubMed per rintracciare lavori scientifici, ormai del passato, che già ci illustravano diversi aspetti derivati dalla precedente esperienza sul SARS-Cov che sarebbero stati sfruttabili anche nella pandemia attuale. Perché allora non è stato fatto? Perché soluzioni terapeutiche come gli anticorpi monoclonali hanno impiegato più di un anno ad essere approvate da AIFA quando si erano già dimostrate efficaci in occasione del SARS-Cov? Ricordiamo le grandi analogie relate alle catene proteiche di SARS-Cov e SARS-Cov2 (responsabile del COVID-19) identiche per più del 75%.

L’articolo qui commentato è firmato da Vincent CC Cheng et al, Severe acute respiratory syndrome coronavirus as an agent ofemerging and reemerging infection.Clinical Microbiology Reviews, 2007;10:660-694.

Nella introduzione del lavoro scientifico gli autori sottolineano come la crescita della popolazione, soprattutto in Cina, abbia portato a consumare carni di animali non convenzionali come ad esempio civette. Evidenzia inoltre come dal mercato delle carni si possa avere il salto del virus da animali all’uomo; questa che pareva una novità del SARS-Cov2 era invece una constatazione di alcuni anni prima. Inoltre specifica come il SARS-Cov abbia infettato 8mila persone con una percentuale di eventi fatali del 10%. Nella stessa introduzione poi viene descritto come virus similari siano stati ritrovati anche nei pipistrelli. Si specifica inoltre che con tali presupposti ci si può attendere un possibile ritorno del virus in futuro in condizioni ambientali per lui favorevoli.

Il SARS-Cov è uno dei 36 Coronavirus e che assieme al Coronavirus derivato dai pipistrelli è considerato (o classificato) 2b. Anche per questo SARS-Cov (come poi nel 2020 verrà descritto per il parente COVID-19 analogamente) vi è un elevato grado di stabilità nell’ambiente che lo differenzia da altri Coronavirus, potendo sopravvivere 2-3 giorni sulle superfici asciutte a temperatura ambiente e 3-4 giorni nelle feci. Inoltre la struttura genomica dei SARS-Cov ha molte similitudini con gli altri componenti del gruppo, ivi compreso le modalità di trasmissione e di replicazione. La proteina S (spike) del virus è di fondamentale importanza per l’attacco e l’entrata nelle cellule dell’ospite e pertanto è il maggior target per neutralizzare gli anticorpi e i peptidi antivirali. Il recettore chiave a cui si attacca la proteina S (il cui attacco è favorito da proteasi associate alla membrana come il fattore Xa) è l’ ACE2 che si trova nelle cellule del polmone, dell’intestino, del fegato, del cuore, dell’endotelio vascolare, dei testicoli e del rene.

La malattia da SARS-Cov iniziò nel 2002 e si manifestò come una polmonite atipica. Il virus venne isolato dopo i primi casi di malattia con biopsia polmonare in un paziente affetto e quindi studiato. Si vide, anche in questi casi, un elevato indice di mutazione delle caratteristiche del virus passando da un portatore ad un altro, tipico dei virus RNA. I maggiori luoghi di trasmissione del virus da persona a persone furono identificati in: ospedali e ambulatori, luoghi di lavoro, case e trasporti pubblici. Almeno il 50% della trasmissione del virus avvenne, sempre attraverso droplets, ma  a livello nosocomiale. Gli aerei passeggeri furono un’altra fonte importante di trasmissione. Già all’epoca si dice che furono iniziati screening negli areoporti per valutare soggetti pre-sintomatici o sintomatici, anche se con risultati contrastanti (TM Vogt et al Risk of severe acute respiratory syndrome-associated coronavirus transmission aboardcommercial aircraft J Travel Med 2006; 13: 268-272). Una valutazione meta analitica trovò, all’epoca, una siero-prevalenza del virus nel 0.1% della popolazione generale rispetto allo 0.23% dei lavoratori sanitari. Il periodo di incubazione della malattia è risultata 2-14 giorni, con trasmissibilità virale più probabile dal 5° giorno della infezione.
La tipica presentazione clinica della malattia, caratteristica delle formi virali respiratorie avvenne con polmonite e rapida degenerazione delle capacità respiratorie. Inoltre febbre, brividi, mialgia, malessere, tosse non produttiva furono i sintomi più comuni; meno rinorrea e odinfagia. Diarrea acquosa spesso apparve una settimana dopo l’inizio dei sintomi. Al Rx torace spesso furono rilevate opacità “ground-glass” e focolai di consolidamento specie nelle regioni periferiche, sub pleuriche verso le basi (reperti tipici anche dell’attuale SARS-Cov2). La diarrea potè associarsi a disfunzione epatica, vertigini, alterato riempimento diastolico cardiaco, trombosi dell’arteria polmonare, petecchie, miositi, anormalità neuro muscolari e accessi epilettici. Come si vede tutti sintomi e segni clinici decisamente comuni con l’attuale espressione di malattia da SARS-Cov2. Nei bambini e ragazzini la patologia apparve più modesta rispetto agli adulti.

A livello ematologico presenza di tipica linfopenia, enzimi epatici elevati con o senza trombocitopenia, innalzamento del D-dimero e attivazione del tempo di tromboplastina parziale.
Fattori prognostici negativi in caso di malattia si dimostrarono: età, comorbidità, aumento di LDH, ipouricemia, insufficienza renale acuta, interessamento polmonare esteso al Rx e alto valore di neutrofili al momento dell’ ammissione in ospedale.

Nella fase di recupero della malattia si evidenziarono tipicamenteuna riduzione della funzione respiratoria da sindrome restrittiva secondaria a fibrosi e debolezza muscolare. Un’altra complicanza è l’orchite con possibili successive ripercussioni sulle capacità riproduttive. Tipici anche gli stati depressivi e i disordini psichici da stress. Presenti inoltre complicanze legate all’impiego a dosi elevate di corticosteroidi. Anche in questa patologia da Coronavirus fu valutato un consistente incremento di citochineplasmatiche (Interleuchine 6-8-12 etc.) nei soggetti con significativa malattia. Gli studi evidenziarono inoltre l’insorgenza di uno stato pro coagulativo, specie nella prima settimana di malattia rapportabile alla carica virale. L’entità e la tipologia della risposte anticorpali inoltre fu rapportata alla sopravvivenza o meno dei pazienti colpiti dalla patologia da SARS-Cov (L. Zhanget al Antibody  responces against SARS coronavirus are correlatedwith disease out come of infected individuals J Med Virol 2006; 78:1-8).

Le immunoglobuline IgM e IgG compaiono attorno al 7° giorno e mentre la seconda può durare fino a 12 mesi, la prima scompare generalmente  entro i 2 mesi.

A livello dei metodi diagnostici vi era qualche dubbio sull’attendibilità dei test molecolari con amplificazione RT-PCR o antigenici  in quanto poco testati in prospettiva. Come più importanti test diagnostici per accuratezza vennero menzionati gli aspirati naso-faringei e i lavaggi in gola. Il test PCR è diventato invece il principale, se non unico, mezzo diagnostico nell’attuale pandemia da SARS-Cov2 e base per la definizione dei così detti “contagi”.

Per quanto concerne la terapia erano note possibilità utili per combattere la malattia da SARS-Cov?

Si erano dimostrati di scarsa utilità gli antivirali come il Ribavirin, almeno somministrati da soli. Si erano utilizzati gli antibiotici specie nella fase iniziale della patologia polmonare. Inibitori di proteasi, importante per la replicazione del virus erano stati testati in vitro con discreto successo quali nelfinavir, glicerizina, reserpina, valinomicina, niclosamide, acido neurintricarbossilico, indometacina, clorochina. In vivo furono impiegati immunomodulatori come i corticosteroidi che si erano dimostrati utili per ridurre la mortalità per polmonite dovuta a varicella, virus zoster e influenza. Alte dosi si dimostrarono utili anche per ridurre inizialmente la tempesta citochinica in questa patologia ma non efficaci anzi negative se somministrate da sole per periodi prolungati.

Fu testato all’epoca con successo, non su larga scala, l’infusione di plasma di pazienti convalescenti. Terapia presentata all’inizio del 2020 nel nostro paese come rivoluzionaria, che ha avuto approvazione AIFA un anno dopo e che era stata in realtà testata almeno 15 anni prima.

Nella presente pubblicazione poi vengono descritte le tipologie di vaccini possibili, alcuni che impiegano adenovirus come transporter e sottolineando come l’effetto protettivo di queste sostanze o il rischio di un eccessivo innalzamento immunitario sono ancora sconosciuti come reazioni possibili durante una epidemia in corso. In sostanza tutti i vaccini basati sulle proteine S appaiono capaci di indurre risposte anticorpali neutralizzanti e si sono dimostrati efficaci nei modelli animali. I vaccini invece a DNA, basati sulla proteina N, hanno indotto una patologia immunitaria nel polmone dei gatti in cui era stato inoculato.

Verso la fine di questo lavoro si evidenziava la conoscenza, già all’epoca, che i pipistrelli potevano essere una naturale riserva di questo virus (W Li et al Bats are natural reservoir of SARS-likecoronaviruses Science 2005; 310: 676-679).

Al termine di questo lavoro venne sottolineata l’importanza, nel futuro prossimo, di approfondire le conoscenze anche per estendere le possibilità terapeutiche nei confronti del Coronavirus in quanto si era già compreso come i Coronavirus possano andare incontro a ricombinazioni genetiche in grado di generare nuovi genotipi e quindi nuove epidemie. La presenza di una larga riserva di SARS-Cov nei pipistrelli assieme alla cultura di mangiare mammiferi esotici esistente nel sud della Cina si può considerare una bomba a orologeria. Concludeva l’autore nel 2007: “La possibilità che riemerga  l’infezione SARS o di altri nuovi virus da animali o laboratori non dovrebbe essere ignorata assieme alla necessità di una adeguata preparazione”.

Parole profetiche scritte ben 12-13 anni prima che una nuova tempesta virale di caratteristiche peraltro del tutto simili a quelle già evidenziate nel 2002, si abbattesse su di noi sconvolgendo la nostra vita, assolutamente non preparata. Nulla è stato fatto prima per potere impedire o attenuare questo sfacelo.

Tutti i dati riportati sono dedotti da letteratura scientifica consultabile.

Prof. Alessandro Capucci
email: profacapucci@gmail.com

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